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Stati generali solidali

Sintesi delle proposte da parte della Rete Italiana Economia Solidale (RIES) per gli Stati Generali dell’Economia del Governo Italiano

Il Piano strategico per il rilancio dell’Italia annunciato dal governo si caratterizza per la mancanza di un progetto di sviluppo sostenibile che sia all’altezza delle sfide epocali che stiamo attraversando e in grado di rispondere ai reali bisogni della società.

È invece sempre più necessario e urgente promuovere e realizzare misure in grado di rendere la nostra società, il nostro sistema sanitario, il nostro sistema scolastico e formativo e la nostra economia ben più resilienti alle pandemie e all’attuale, immanente, crisi climatica. Al contempo, è necessario guardare ad un modello “altro”, ispirato a principi e obiettivi diversi rispetto a quelli della crescita illimitata e socialmente insostenibile, attento ai bisogni reali delle persone, inclusivo e basato sulla valorizzazione di tutti i potenziali.

Per la Rete Italiana di Economia Solidale (RIES) il nuovo modello cui tendere è quello dell’economia di cura, dell’economia dei beni comuni, dell’economia delle comunità, dell’economia generativa e trasformativa, che tutte si fondano sul concetto dell’ecologia integrale. Un modello che non sia da misurare in termini di PIL ma che utilizzi indicatori di “ben-essere” legati alla qualità della vita delle persone e alla salute del pianeta.

Perché il Paese conosca un vero rilancio è necessario investire prioritariamente per garantire a tutte e a tutti beni e servizi pubblici essenziali quali sanità, educazione, abitazione, lavoro ed equità sociale.

Per questo, il Piano di rilancio del Paese dovrebbe:

realizzare un ambizioso progetto di trasformazione dell’economia, verso un modello decarbonizzato, circolare e solidale in grado di promuovere e sostenere attività produttive, infrastrutture e sistemi e modalità di trasporto di persone e beni, che siano ecocompatibili e rispettosi delle vocazioni e dei bisogni delle comunità locali;

valorizzare il ri-ciclo degli scarti e dei rifiuti, l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili di energia non impattanti sull’ambiente;

restituire un ruolo centrale al settore agricolo e alla filiera alimentare, che dovranno essere sempre più orientati a processi produttivi agroecologici, a sistemi distributivi sostenibili e a un’idea di cibo sano e di qualità come diritto per tutti;

–  per sostenere queste scelte, le politiche commerciali europee e internazionali devono essere condizionate al rispetto di salari dignitosi, dei diritti umani, dell’ambiente e delle priorità che le comunità condividono, senza possibilità di prevaricare regole e spazi politici, a tutela di salute, sicurezza, sovranità e cooperazione sociale;

valorizzare i sistemi di relazione, distribuzione e approvvigionamento di cibo legati ai territori e basati su filiere solidali, etiche e rigenerative;

garantire un rilancio culturale del Paese non soltanto operando sul terreno del digital divide o di una formazione esclusivamente professionalizzante, ma alimentando la diffusione del patrimonio culturale, artistico e scientifico come bene comune;

rafforzare, in termini virtuosi, il rapporto vitale tra campagna e città, attraverso l’attivazione di un programma di rigenerazione territoriale in chiave sociale e ecologica, che riconosca il valore dei servizi agroecosistemici e difenda il bene comune “terra” da interessi speculativi e da insostenibili strategie di espansione urbana e costruzione di infrastrutture;

restituire centralità alle istituzioni locali e sostenere la loro capacità di dar vita a spazi di governance attraverso cui mettere in moto meccanismi virtuosi di partecipazione e collaborazione in tutti i settori dell’economia e della cura;

vincolare al rispetto dei principi sopra enunciati le proposte incentivanti, che dovessero essere inserite in un piano complessivo di rilancio dell’economia del Paese a favore delle imprese o degli operatori economici;

introdurre regimi agevolati, semplificazioni fiscali o finanziamenti solo in presenza di provate e misurabili iniziative di trasformazione economico-produttiva nell’ottica della sostenibilità e di adeguata trasparenza da parte dei destinatari di tali incentivi, che comprovino il loro operare nel rispetto dei diritti dei lavoratori, delle filiere produttive e della legalità;

attivare un sistema diffuso di public procurement (acquisti pubblici) che sia in grado di orientare il processo di cambiamento tecnologico e organizzativo verso obiettivi sostenibili e socialmente condivisi e sia rivolto a favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese locali. È fondamentale che questo public procurement innovativo diventi un obiettivo strategico in tutti i documenti programmatici, sia settoriali che orizzontali, delle amministrazioni centrali e regionali, con raccolta di dati, monitoraggio e valutazione, al fine di migliorare i programmi di finanziamento. In quest’ottica l’attuazione di bandi di domanda pubblica intelligente, finanziati con il Fondo crescita sostenibile, potrebbe creare un presupposto favorevole a un cambio di rotta;

garantire che i bandi pubblici non seguano la logica del massimo ribasso, ma privilegino la qualità dei beni e dei servizi destinati ai cittadini, la trasparenza della co-progettazione e la rispondenza dei fornitori a criteri di sostenibilità;

rafforzare politiche pubbliche strutturali a sostegno delle fasce deboli della popolazione, tra cui i minori, gli anziani e i disabili, con la finalità di costruire una società effettivamente inclusiva;

promuovere nella popolazione comportamenti virtuosi non più centrati su un consumismo insostenibile, ma coerenti con le prospettive e le proposte sin qui delineate.

Siamo sopravvissuti al COVID, non vogliamo morire di infinita crescita.

 

[Foto tratta dalla pagina Fb di Casa delle AgriCulture – Tullia e Gino – Castiglione D’Otranto]

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